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Cunicoli ramificati, tubazioni, cavi elettrici, scarsa ventilazione, difficoltà di esodo, presenza di macchinari e liquidi infiammabili: i locali interrati delle grandi industrie possono essere l’incubo del professionista incaricato di rinnovare un Certificato Prevenzione Incendi in scadenza. Una grande progettuale, al di fuori del campo di applicazione della UNI 9494, che può essere affrontata solo facendo ricorso ai principi della Fire Safety Engineering e a norme straniere come la NFPA americana.
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Come progettare?
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La pubblicazione nel 2008 del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 “Testo unico sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro” ha avviato un periodo di approfondimento culturale sulla gestione globale della sicurezza, ivi compresa la sicurezza in caso di incendio, anche in luoghi tradizionalmente meno considerati. Tra questi hanno assunto particolare importanza i locali interrati di complessi industriali o commerciali, anche a causa di incidenti molto gravi, riportati dalla cronaca, che hanno allarmato tanto l’opinione pubblica quanto gli esperti. In questo clima si situa l’emanazione del decreto D.P.R. 14 settembre 2011, n. 177 (“Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati”) che regolamenta in maniera puntuale quanto già era stato anticipato dal Decreto 81.
Come sappiamo, la progettazione dei sistemi per il controllo dei fumi e del calore sviluppati da un incendio è attualmente regolata dalle norme UNI 9494, pubblicate nel 2012. Precisamente si tratta delle seguenti:
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UNI 9494-1: 2012. Sistemi per il controllo di fumo e calore – Parte 1: Progettazione e installazione dei Sistemi di Evacuazione Naturale di Fumo e Calore (SENFC). Giugno 2012;
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UNI 9494-2: 2012. Sistemi per il controllo di fumo e calore – Parte 2: Progettazione e installazione dei Sistemi di Evacuazione Forzata di Fumo e Calore (SEFFC). Giugno 2012.
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UNI 9494-3: 2014. Sistemi per il controllo di fumo e calore – Parte 3: Controllo iniziale e manutenzione dei sistemi di evacuazione di fumo e calore
Queste norme, la cui pubblicazione ha rappresentato una novità nel panorama antincendio italiano, sia per l’approccio innovativo, sia perché per la prima volta si è resa disponibile una norma tecnica sulla progettazione dei sistemi di controllo del fumo meccanici, sono necessariamente state scritte per l’impiego più vasto possibile. Sono quindi adatte ad essere applicate in una grande varietà di casi, a patto però che la situazione reale sia in qualche modo assimilabile al modello dinamico utilizzato dalla norma.
Che fare invece quando l’ambiente da proteggere esce completamente dal campo di applicazione della norma e non presenta con essa alcun punto di contatto?
In particolare gli ambienti sotterranei, caratterizzati da volumi talvolta complessi e fortemente interconnessi (e quindi non direttamente riconducibili al campo di applicazione della UNI 9494), non possono essere approcciati secondo metodologie standard. Vale a dire che il sistema di evacuazione fumo e calore non può essere progettato nell’ottica di garantire quell’altezza libera da fumi che costituisce la prestazione fondamentale del sistema. Non sarebbe infatti possibile garantire un’altezza libera da fumi in cunicoli alti, in alcuni casi, appena due metri, percorsi da tubazioni, cavi elettrici, reti fognarie e con un rapporto lunghezza/superficie molto particolare. Occorre dunque impostare il dimensionamento a partire da un diverso assunto: il sistema deve poter produrre un effetto di diluizione del fumo in funzione della tempistica di saturazione dei locali che, è bene ricordarlo, in presenza di ambienti così piccoli e ramificati può essere questione di una manciata di secondi. Va considerato infatti che un incendio standard può produrre fino a 15-20 m3 di fumo al secondo1. Il Sistema EFFC deve poter estrarre in tempo reale un volume di fumo tale da realizzare un livello di diluizione che garantisca alle persone presenti visibilità e ossigeno per il tempo necessario a mettersi in salvo, eventualmente anche facendo a meno dello strato di aria libero da fumo.
Questo tipo di approccio basato sui principi dell’ingegneria antincendio è al momento all’ordine del giorno alla commissione dell’UNI che sta lavorando a due ulteriori nuove norme:
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La prima, Sistemi per il controllo di fumo e calore – Parte 4: Metodi ingegneristici per la progettazione dei sistemi di evacuazione fumo e calore che affronta i principi generali di calcolo in presenza di ambienti non standard.
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La seconda, Sistemi per il controllo di fumo e calore – Parte 5: Progettazione e installazione di sistemi di estrazione di fumo dai percorsi di esodo orizzontali confinati che affronta più direttamente il caso dei corridoi e delle vie di esodo confinate.
1 I valori sono ricavati da calcoli eseguiti sul prospetto 2 della norma UNI 9494-2
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Un esempio applicativo
[/vc_column_text][vc_column_text]Un caso emblematico delle considerazioni sopra accennate è rappresentato da un sistema di cunicoli sotterraneo di uno sito di produzione, ospitante i sottoservizi dello stabilimento.
L’obiettivo generale del progetto, confermato anche dalle indicazioni ricevute dal comando VVF competente, consiste nella rimozione dei fumi dal sistema di cunicoli presente al secondo piano interrato. Da qui, i fumi rimossi verranno convogliati all’esterno tramite opportune condotte ed espulsi oltre piano gronda passando sull’esterno delle facciate (vedi schema del percorso delle condotte di controllo del fumo).
Benché l’area globalmente interessata sia notevole (coincide approssimativamente con la superficie dello stabilimento), l’area e il volume effettivamente occupati dai cunicoli sono molto più ridotti, trattandosi di corridoi disposti a reticolo. Uno sguardo d’insieme dà un’idea della complessità dell’ambiente in questione: si tratta di corridoi alti non più di 2.20 m e larghi mediamente 2.00 m, in taluni punti anche poche decine di centimetri, percorsi da sottoservizi di varia natura: linee elettriche, aria compressa, fognature, acqua di processo. Le uscite di sicurezza e i passaggi di aerazione sono disposti in maniera tutto sommato strategica, ma non risultano di alcuna utilità per l’evacuazione del fumo in caso di incendio. In un quadro di riqualificazione complessiva antincendio, insieme a provvedimenti di sicurezza attiva di tipo più classico, come la compartimentazione dei volumi, la creazione di nuove uscite di sicurezza, l’estinzione automatica e l’aggiornamento dell’illuminazione e della segnaletica, una menzione particolare merita la misura tecnica più innovativa, ossia il sistema di controllo ed evacuazione dei fumi.[/vc_column_text][vc_column_text]
Anche se la conformazione dei locali non consente di applicare in senso integrale il modello fisico della norma UNI 9494, alcune sue indicazioni restano comunque valide, prima tra tutte la maggior adeguatezza, nel caso in esame, di un sistema di controllo del fumo meccanico anziché naturale.
Le considerazioni da svolgere per progettare un SEFFC in ambienti così particolari devono però seguire una diversa logica, che non prenda in esame esclusivamente la dinamica dei fumi propriamente detta, ma anche considerazioni riguardanti il profilo complessivo di rischio. Occorre cioè, quando la norma non fornisce una risposta esauriente, allargare il campo e fare delle considerazioni sul tempo effettivo che gli eventuali occupanti potranno avere a disposizione per mettersi in salvo. Parallelamente, si tenterà di calcolare l’efficacia del SEFC durante il tempo di sfollamento e lo si dimensionerà di conseguenza.
Pertanto, i calcoli dimensionali del sistema di controllo dei fumi possono essere effettuati secondo i principi dell’ingegneria antincendio tenendo conto di 3 variabili fondamentali:
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le tempistiche di saturazione dei locali con il fumo prodotto dall’incendio standard.
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le portate di estrazione necessarie ad evacuare in tempo reale l’energia prodotta dall’incendio e contenuta principalmente nei fumi caldi.
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le temperature che il fumo può assumere, allo scopo di selezionare correttamente la classe di resistenza al fuoco dei componenti del sistema EFC.
Tuttavia, poiché i principi di base della UNI 9494-2 mantengono una certa validità generale, gli orientamenti preliminari per l’impostazione del calcolo dell’ingegneria antincendio e delle portate possono essere mutuati dalle basi di calcolo di quella norma. Lo sviluppo successivo del modello, ed è qui la parte più innovativa dello studio, si svolge utilizzando relazioni messe a punto dalla norma statunitense NFPA (National Fire Protection Association)1, applicabile a incendi non stazionari con potenza termica proporzionale al quadrato del tempo. Questo modello risulta particolarmente adatto in tutti quei casi in cui le condizioni di regime vengono raggiunte in tempi rapidissimi, in questo caso a causa della geometria e delle dimensioni degli ambienti da proteggere.
La correlazione tra tempo di saturazione e portata volumetrica degli estrattori di fumo, anche se costituisce un approccio al momento non confortato da alcuna norma tecnica italiana, tutela la sicurezza degli occupanti; specie se si pensa che, essendo la produzione di fumo dipendente dal quadrato del tempo, l’efficacia dell’evacuazione è particolarmente significativa nella fase di ignizione e nei tempi immediatamente successivi.
Come si può vedere dal grafico infatti, l’efficacia del SEFFC è predominante sul tasso di produzione del fumo per t < ts, mentre diviene via via meno significativa per t > ts.
1 National Fire Protection Association NFPA 92 “Standard for Smoke Control Systems” 2012 edition
[/vc_column_text][vc_single_image image=”2149″ border_color=”grey” img_link_target=”_self” img_size=”full”][vc_column_text]V0 : volume geometrico del comparto
ts : tempo di saturazione
tb : tempo di bilanciamento dell’efficienza. In questo istante dV1/dt = dV2/dt
Nel sistema in oggetto, che è stato dimensionato in modo da ottenere il bilancio dei volumi al tempo ts, le condizioni di sicurezza accettabile si avranno fino al tempo di saturazione del comparto; Trascorso tale tempo, il comparto si avvierà alla saturazione completa. È importante perciò che nel frattempo lo sfollamento degli occupanti sia stato completato.
In realtà il tempo effettivo a disposizione per lo sfollamento è maggiore di ts, in quanto l’azionamento del SEFFC allunga il tempo di saturazione. È corretto considerare questo maggior tempo a disposizione come un giusto margine di sicurezza nel dimensionamento del sistema.
Particolare cura dovrà perciò essere usata nel realizzare sistemi di rilevazione e allarme a risposta rapida. L’obiettivo è rendere trascurabile il tempo morto che intercorre tra l’innesco dell’incendio e l’attivazione del SEFFC.
Nel caso in esame, il volume totale è stato suddiviso in tre comparti antincendio omogenei, ognuno caratterizzato da un volume, e quindi da un ts, differente.
Le prestazioni dei tre SEFFC dovranno consentire un utilizzo sicuro delle uscite di sicurezza nel tempo di esodo. A tale proposito, a partire dal tempo di saturazione, si stabilisce la portata del ventilatore di estrazione. Nel tempo di saturazione verrebbe realizzato almeno un ricambio volumetrico completo, con un tasso di concentrazione di fumo risultante molto basso, se non trascurabile. In tali condizioni l’esodo delle persone presenti all’interno si verificherebbe in condizioni di sicurezza accettabili, anche tenendo conto del fatto che nel comparto in oggetto saranno in azione altre misure di sicurezza attiva compensative. Queste valutazioni sono effettuate sulla media dei volumi e dei tempi, e quindi non tengono conto di possibili disomogeneità locali e/o temporanee, che possono verificarsi a seguito di condizioni transitorie non prevedibili in fase di progetto.
Queste considerazioni possono essere riassunte nella seguente tabella, che riporta i tempi di saturazione, le portate richieste e i ricambi volumetrici necessari in funzione dello scenario di incendio e del tasso di produzione di fumo.[/vc_column_text][vc_single_image image=”2151″ border_color=”grey” img_link_target=”_self” img_size=”full”][vc_column_text]Come si può notare dai tre comparti messi a confronto, i locali più svantaggiati risultano, in generale, quelli con volume minore. In effetti in questo caso il tempo concesso per l’esodo è molto ridotto. D’altra parte però, in comparti piccoli i percorsi di esodo sono mediamente più brevi. A questo punto le considerazioni si spostano sull’efficacia del piano di emergenza inteso nel suo complesso.
Si tratta a questo punto di dimensionare la potenza dell’incendio, il tasso di produzione del fumo e la sua temperatura. Questi dati ci saranno necessari per selezionare le macchine di estrazione: la loro portata netta e la classe di resistenza al fuoco.
Come punto di partenza si è utilizzata la tabella nella quale sono stati precalcolati, ipotizzando alcuni tassi tipici di produzione del fumo, i tempi di saturazione dei volumi interessati.
Utilizzando i riferimenti forniti dalle norme NFPA e ipotizzando, come suggerito dalla norma UNI 9494 stessa in mancanza di altre indicazioni, un iniziale Gruppo di Dimensionamento = 3, sulla base dell’esistenza degli altri sistemi attivi all’interno dei volumi interessati, si è potuto ridefinire il dimensionamento in GD = 2. Questa prima conclusione è coerente sia con le norme NFPA, che fa corrispondere a GD=2 un tempo di sviluppo non superiore a 5’, che con la tabella, che prevede in ogni caso tempi di saturazione e sviluppo del fuoco abbondantemente inferiori ai 5’.
Su queste basi, è stato sviluppato il modello di incendio distinguendo in diversi casi, secondo le caratteristiche geometriche del comparto considerato. Riporteremo il caso intermedio, riferito cioè al comparto indicato in tabella con il numero 4.
Dalla tabella si vede che il tempo di saturazione è contenuto entro un massimo di circa 60 s. Pertanto, ipotizzando a titolo cautelativo un tempo di sviluppo di 5’ (GD=2), si può calcolare un rilascio termico totale di circa 3000 kW.
Sempre applicando i riferimenti citati si ottiene una componente convettiva della potenza emessa, responsabile della quantità di calore trasportata dai fumi, di circa 2100 kW. Abbiamo quindi, nl comparto considerato:
GD = 2,
QTOT = 3000 kW (Potenza totale emessa),
QC = 2100 kW (Frazione convettiva della Potenza emessa).
Utilizzando il valore di QC trovato e tenendo conto che i fumi possono raggiungere un’altezza massima di 2.2 m, si ottiene il valore di produzione massica di fumo:
ṁ = 6.93 kg/s .
Sostituendo il valore di produzione massica nelle opportune equazioni, si può calcolare la temperatura dei fumi:
TS = 323°C .
Da cui, utilizzando il valore di densità dei fumi reperibile in letteratura:
ρ(323°C) = 0.59 kg/m3 ,
si ottiene infine il tasso di produzione volumetrica del fumo:
∂V/∂t = 11.75 m3/s .
Si vede pertanto come ad un tempo di sviluppo di 5’, assunto come ipotesi cautelativa, corrisponde in questo caso un tasso di produzione volumetrica di fumo di circa 12 m3/s.
Naturalmente il tasso volumetrico non assumerà il valore di 12 m3/s già dall’istante dell’ignizione, bensì dopo circa 5’, che corrisponde al tempo di sviluppo ipotizzato. Invece nell’intervallo di tempo considerato nel caso in oggetto (circa 60”), la potenza termica crescerà con andamento quadratico, e il tasso volumetrico passerà da un valore nullo ad un valore non calcolato, ma comunque molto inferiore a 12 m3/s.
I risultati ottenuti consentono di dimensionare le macchine di estrazione, per il caso in esame, con 45000 m3/h di portata volumetrica netta e con una classe di resistenza al fuoco F400/120.
I tassi volumetrici e le potenze termiche utilizzate nel calcolo rendono quindi il sistema ben dimensionato con un notevole margine di sicurezza. Le temperature ottenute rappresentano di conseguenza valori molto cautelativi.
Abbiamo dunque visto che un utilizzo accorto dei modelli di incendio presenti nelle maggiori normative tecniche mondiali e dei principi base delle UNI 9494 consente di risolvere situazioni non direttamente approcciabili con le norme italiane attualmente in vigore.
Nell’obiettivo generale di messa in sicurezza di ambienti così difficili il sistema di evacuazione del fumo va ad inserirsi in un sistema più complesso che prevede l’integrazione con altri sistemi finalizzati alla rilevazione del fumo, allo spegnimento (ad acqua, schiuma o gas), all’illuminazione d’emergenza, all’attivazione delle vie di esodo, e così via.
Questo permette di introdurre un tema fondamentale: in ambienti così caratterizzati è cruciale più che altrove la gestione integrata e l’automazione dei diversi sistemi di sicurezza antincendio in gioco, nessuno dei quali è in grado da solo di garantire la sicurezza complessiva richiesta.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column width=”1/1″][vc_column_text]
Conclusioni
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L’interazione tra i vari sistemi coinvolti per un funzionamento sincronizzato e pienamente efficiente è una delle frontiere su cui si sta lavorando sul versante dell’automazione: tutti i sistemi di protezione attiva devono collaborare e quindi devono essere pilotati da un sistema gerarchicamente superiore che coordini i tempi e le modalità di entrata in funzione dei diversi dispositivi.
La progettazione di un Sistema di Evacuazione Forzata di Fumo e Calore deve quindi prevedere anche la progettazione di un sistema di controllo capace da un lato di dialogare con tutti i sistemi di sicurezza attiva facenti parte del piano antincendio complessivo, dall’altro lato di sincronizzare l’azionamento di tutti i componenti del SEFC in funzione dell’obiettivo progettuale e della differenziazione degli scenari di emergenza possibili.
L’approccio progettuale qui descritto nelle sue linee generali rappresenta oggi una delle frontiere avanzate nell’ingegneria antincendio. Il tema della sicurezza che un impianto di evacuazione fumo e calore può garantire anche in locali complessi come i sotterranei industriali, è un campo ricco di implicazioni a cui i professionisti più attenti si stanno rivolgendo con sempre maggiore interesse.
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